Dì dunque così: "Divinissimo Sangue che sgorghi per noi dalle vene del Dio umanato, scendi come rugiada di redenzione sulla terra contaminata e sulle anime che il peccato rende simili a lebbrosi. Ecco, io ti accolgo, Sangue del mio Gesù, e ti spargo sulla Chiesa, sul mondo, sui peccatori, sul Purgatorio. Aiuta, conforta, monda, accendi penetra e feconda, o Divinissimo Succo di Vita. Nè ponga ostacolo al tuo fluire l'indifferenza e la colpa. Ma anzi per i pochi che ti amano, per gli infiniti che muoiono senza di Te, accelera e diffondi su tutti questa divinissima pioggia onde a Te si venga fidenti in vita, per Te si sia perdonati in morte, con Te si venga nella gloria del tuo Regno. Così sia." Ora basta, alla tua sete spirituale Io porgo le mie Vene aperte. Bevi a questa Fonte. Conoscerai il Paradiso e il sapore del tuo Dio, né mai quel sapore ti verrà meno se tu saprai venire sempre a Me con le labbra e l'anima mondata dall'amore."
Il mio Gesù aveva cominciato a parlare alle 4 di mattina, (..) Gesù ferito e gocciante sangue. Non è il bel Gesù biancovestito, ordinato, maestoso, delle altre volte, e non è il fulgente Pargolo dell’ultima volta, sorridente dal seno di Maria. È un triste, tristissimo Gesù, le cui lacrime si mescolano al sangue, contuso, spettinato, sporco, strappato nella veste, con le mani legate, con la corona ben fitta sul capo. Vedo distintamente la corona di grosse spine, non lunghe ma fitte fitte, che penetrano e sgraffiano le carni. Ogni capello ha la sua goccia di sangue e sangue scende, in rivoletti, dalla fronte sugli occhi, lungo il naso, giù per la barba e il collo, sulla veste, goccia sulle mani, e sembra più rosso tanto esse sono pallide, bagna la terra dopo aver bagnato i piedi. Ma quello che è tristissimo a vedersi è lo sguardo … Chiede pietà e amore, e tradisce, sotto la sua rassegnata mansuetudine, un Dolore infinito. Anche qui, se fossi capace, vorrei poterlo disegnare per lei e per me. Perché, se penso bene, nessun quadro di Gesù e Maria che io conosca assomiglia a ciò che vedo. Né nei tratti, né nell’espressione. Questa soprattutto manca nelle opere di autori.( Da I Quaderni del 1943, di Maria Valtorta, ed. CEV)
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